Capitolo II

1.2 Le funzioni esecutive

L’interesse per le funzioni esecutive ha avuto un notevole incremento negli ultimi 20 anni. Manca ancora tuttavia, un modello che possa comprendere esaustivamente  in una struttura coerente la serie di abilità che questo concetto include: pianificazione, anticipazione ed allocazione flessibile delle risorse attentive in risposta ad eventi non routinari. Molte delle concettualizzazioni prodotte su tali funzioni comprendono anche l’automonitoraggio e l’autoregolazione emotiva, ed inoltre l’appropriatezza del comportamento sociale, dal momento che questi elementi sono implicati nei comportamenti di flessibilità cognitiva (Carlsons,2002).                                                                                 Lurija fu  il primo a proporre che la corteccia prefrontale supportasse tale elevato livello di organizzazione cognitiva e descrisse quest’area come la centrale esecutiva del cervello.

Nel suo modello, i lobi frontali sono responsabili dei processi di pianificazione e di monitoraggio, dell’iniziativa (nel senso di incipit dell’agire) e della verifica del risultato. In realtà, la specificità della localizzazione cerebrale è piuttosto controversa e cioè la costellazione di comportamenti definiti “frontali” non implica una correlazione diretta e necessaria con tale area anatomica. Lesioni frontali possono essere sufficienti a determinare questo ordine di disfunzione, ma non è ancora dimostrata la “necessità” di un livello di correlazione causale.

Tuttavia  individui affetti da patologie neurologiche e psichiatriche associate con gradi di certezza variabile a disfunzioni frontali  mostrano tipicamente un ridotto o comunque alterato funzionamento in quest’ambito di competenze.

Tra quelle tipiche dell’età adulta ricordiamo le lesioni traumatiche, il Parkinson, la demenza frontale (picks disease) e alcuni disordini psichiatrici come la schizofrenia, mentre, nell’ambito dei disturbi dello sviluppo  l’ADHD, la sindrome feto alcolica, i disturbi di condotta, i disturbi dello spettro autistico, la fenilchetonuria.

Quando una lesione frontale si verifica in un soggetto durante l’età evolutiva prima che il lobo frontale completi la sua maturazione, questi potrà manifestare disabilità nei rapporti sociali, disturbi della condotta, difficoltà nel prendere decisioni, impulsività, difetti di giudizio.

Le difficoltà cognitive e comportamentali più comunemente associate a tale lesione ed indicate comunque come deficit funzionali esecutivi comprendono:

• problemi di “starting” cioè una marcata riduzione dell’inziativa spontanea che si riduce in presenza di sollecitazioni e sostegno esterni (Eslinger e Damasio 1985, Shallice e Burgess 1991)

• problemi di “stopping” e cioè di disinibizione, impulsività, labilità emozionale

• difficoltà di shifting, cioè di spostamento del focus attentivo da uno stimolo percettivo ad un altro in compiti di riconoscimento visivo con prospettive reversibili (Ricci e Blundo, 1990)

• riduzione della flessibilità cognitiva in situazioni di problem solving (Miller e Tippet ,1996)

• perseverazione e cioè replicazione di una risposta, di un comportamento, di una strategia inappropriati (Sandson e Albert, 1984)

• inefficacia nell’utilizzo della conoscenza dei propri errori come feed back e    guida ad un comportamento più appropriato (Lurija e Homskaya, 1964)

• difficoltà di integrazione e sintesi dei diversi aspetti di uno stimolo (Miller, 1985; 1992)

• prolungamento dei tempi di esplorazione nei compiti di ricerca visiva (Teuber, 1949)

• deficit di consapevolezza, empatia, in generale delle abilità sociali (Temple, 1997)

• deficit di memorizzazione e recupero delle informazioni dal magazzino di memoria  a lungo termine  (George McCloskey, 2001)

• deficit della working memory che sostiene la stabilità delle rappresentazioni interne che guidano l’azione (Denkla, 2002)

•difficoltà ad organizzare le azioni in sequenze gerarchiche di mete (Surian 2002)

•  difficoltà nell’ “Initiate, Sustain, Inhibit, Shift” (Denkla, 2002).