3.2. Lo sviluppo delle funzioni esecutive in età evolutiva

 

Secondo Welsh, Pennigton e Groisser le funzioni esecutive evolverebbero in tre fasi ed il loro sviluppo non sarebbe comunque completo prima della pubertà.

Nel primo stadio, fino ai sei anni, i bambini raggiungono livelli di prestazione pari a quelli degli adulti nei compiti di ricerca visiva e pianificazione semplice, nel secondo, fino agli undici anni, si sviluppano le abilità di pianificazione più complesse, mentre nel terzo, cioè dalla pubertà in poi, si sviluppano capacità di verifica di ipotesi e di controllo di perseverazione ed impulsività (Surian 2002).

Durante i primi sei anni di vita le funzioni mnestiche e procedurali sono svolte in forma verbale, in modo esteriorizzato. Nella scuola elementare il discorso autodiretto si interiorizza e si sviluppano quelle competenze di ordine “meta” che permettono l’automonitoraggio e l’autoregolazione dei processi attentivi e delle proprie motivazioni. “Mediante l’acquisizione di queste capacità, i bambini imparano infine a scomporre i comportamenti osservati nelle loro singole componenti ed a ricomporle in nuove azioni che non fanno parte del proprio bagaglio di esperienze (ricomposizione). Tutto ciò permette, nel corso della crescita, di tenere sotto controllo il proprio agire per intervalli di tempo sempre più lunghi e di pianificare i propri comportamenti, in modo da raggiungere lo scopo prefissato.” (Barkley 1997; 1998; Linee Guida SINPIA, 2003).

Secondo Stephanie Carlson (2003), la possibilità per il bambino nel primo anno di vita, di formare categorie di eventi e sequenze, nonché di rilevare il carattere predittivo di alcune relazioni tra eventi, struttura la base di comportamenti che via via diventeranno più finalizzati e monitorabili, cosicchè se la caratteristica dei bambini da uno a tre anni è  l’assenza del controllo e della modulazione volontaria emozionale, tale capacità aumenta nettamente in età prescolare.

L’abilità di controllo emozionale permette di usufruire dello “scaffolding” ambientale ai fini del successo nei compiti di problem solving e la capacità di simbolizzazione e il linguaggio interno si integrano contemporaneamente nello sviluppo esecutivo. Da uno studio della stessa Carlson (2003) risulta infatti che bambini di quattro-cinque anni che sono in grado di attivare comportamenti di inibizione in situazioni in cu essi sono richiesti, sono anche abili nella comprensione dei propri e degli altrui sentimenti come guida all’azione.

Entrambi i livelli, cognitivo ed emozionale, nel senso della self- regulation come della motivazione, concorrono a definire l’efficienza delle abilità esecutive.

Fra i due e i quattro anni di età si rilevano, nella corteccia prefrontale, un notevole aumento dell’attività metabolica come delle connessioni sinaptiche.

Questa fase di sviluppo coincide con l’incremento della memoria di lavoro, del controllo inibitorio, delle abilità di pianificazione e dei comportamenti sociali che si fondano su questi tratti.

La densità neuronale non diminuisce fino ai sette anni di età ed è durante questo periodo di massima plasticità che i processi cognitivi superiori sono particolarmente influenzabili dall’esperienza.

Tra i fattori che favoriscono un adeguato sviluppo delle funzioni esecutive Kochanska, Murray ed Harlan (2001) hanno attribuito una forte predittività per un buon funzionamento alla qualità dell’interazione tra genitori  e bambini in età precoce.

Risultano particolarmente significative le qualità di coerenza comportamentale e di prevedibilità ambientale offerte, cosi come la proposta di strategie attive di scaffolding e gli input linguistici finalizzati alla modulazione comportamentale. Queste esperienze permettono ai bambini il progresso da una modalità di regolazione esterna ad una interiorizzata sotto forma di dialogo interno.